Contabilizzazione indiretta, ripartitori e totalizzatori

Contabilizzazione indiretta, ripartitori e totalizzatori

È difficile regolamentare ciò che non si conosce: qualche chiarimento è necessario

Prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 73, il D.Lgs. 4 luglio 2014 n. 102, all’art. 2 punto nn) definiva: 
Sistema di contabilizzazione: Sistema tecnico che consente la misurazione dell’energia termica o frigorifera fornita alle singole unità immobiliari (utenze) servite da un impianto termico centralizzato o da teleriscaldamento o tele raffreddamento, ai fini della proporzionale suddivisione delle relative spese.

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Il Decreto sopra citato ha integrato la definizione con la seguente frase: 
Sono ricompresi nei sistemi di contabilizzazione i dispositivi atti alla contabilizzazione indiretta del calore, quali i ripartitori dei costi di riscaldamento e i totalizzatori;
Ed inoltre, all’art. 9, lettera d) è stato eliminato il riferimento alla norma UNI 10200, mentre sono rimasti, se pure con qualche modifica, gli strani criteri, forse comodi per qualche operatore, ma che nulla hanno a che vedere con la contabilizzazione.

Per capire quanto siano inopportune queste modifiche, vale la pena di chiarire quale sia la funzione dei diversi dispositivi citati.

 

Contabilizzazione indiretta

Con riferimento alla definizione originaria, per contabilizzazione indiretta si intende la misura dell’energia fornita alle singole unità immobiliari mediante il rilevamento di parametri ai quali è strettamente legata l’erogazione di calore di un apparecchio.

È il caso dei corpi scaldanti a convezione naturale, che emettono calore secondo una legge precisa: 
Q = Qn * Δtn

Per cui basta conoscere la temperatura superficiale media logaritmica e la temperatura ambiente per risalire con precisione alla quantità di calore erogato. Se ci si accontenta di una misura meno precisa si può omettere la misura della temperatura ambiente, assumendola pari a 20 °C.

Non si può invece prescindere dalla esatta conoscenza della potenza nominale Qn dei corpi scaldanti.

Un errore su questo dato si ripercuote interamente sull’errore di misura dell’energia. La disponibilità di dati precisi e la precisione nella misura delle temperature può consentire di ottenere risultati anche migliori di quelli conseguibili con la contabilizzazione diretta, che non è priva di criticità.

Il primo metodo indiretto era costituito dal “totalizzatore dei tempi di inserzione” (contaore), perfezionato dal GEO (Generatore di ore equivalenti), oggi superato, tanto che la relativa normativa è stata ritirata.
Mi risulta che gli unici sistemi di contabilizzazione indiretta oggi previsti dalla normativa siano quelli conformi alle norme UNI 9019 e UNI 11388.

La criticità non ancora superata è che il sistema è utilizzabile solo conoscendo la Potenza nominale dei corpi scaldanti, da metodo dimensionale (norma UNI 10200) ove applicabile o da certificati di prova che i produttori raramente rendono disponibili, salvo esplicita richiesta (occorre anche verificare che il certificato si riferisca esattamente al modello posto sul mercato).

I ripartitori

I dispositivi di ripartizione dei costi di riscaldamento conformi alla norma UNI EN 834 non sono contatori indiretti, né contatori di alcun genere, tanto che secondo un’opinione diffusa non potevano essere utilizzati per la contabilizzazione in quanto non rispondevano affatto alla definizione di contabilizzazione.

Dopo anni di discussioni, malintesi e colpi di mano (vedi per esempio il ritiro da parte dell’UNI della norma UNI 10200-2013) è stata approvata la norma UNI 10200-2018.

Questa norma, se pure ancora con qualche difetto non trascurabile (vedi Progetto 2000 n. 53 paragrafo X), fornisce gli elementi per poter assimilare i dispositivi di ripartizione a dei contabilizzatori indiretti.

I ripartitori infatti, per loro natura, potrebbero fornire una ripartizione corretta solo nel caso in cui tutti i corpi scaldanti dell’edificio fossero di uguale modello ed uguale potenza. In tal caso misurando l’integrale della differenza fra la temperatura superficiale e la temperatura ambiente di ogni corpo scaldante fornirebbero i parametri per ripartire fra i vari utilizzatori il calore totale assorbito dall’edificio, che deve essere noto.

Il problema è che negli edifici i corpi scaldanti non sono tutti uguali ma di forma e potenza anche molto diverse. La norma UNI EN 834 prevede quindi un coefficiente (KQ) che tenga conto della potenza nominale di ogni corpo scaldante.

Questa esigenza rappresenta il punto critico perché queste potenze, come per i metodi indiretti, non sono generalmente note.

La valutazione dei corpi scaldanti: un po’ di storia

(Per un’informazione più completa vedi anche: Progetto 2000 n. 48 - “Il calcolo della potenza termica nominale…”).

Fino agli anni 60, prima che comparissero le prime camere di prova dell’emissione termica, i corpi scaldanti erano valutati in base alla loro superficie S (m2) alla quale veniva attribuito un coefficiente di trasmissione K (kcal/m2 °C).

L’E.CO.MA.R, Ente Controllo Materiali Riscaldamento, Associazione di produttori, ha gestito il passaggio da valutazione a superficie a valutazione “a calorie” (basata sull’emissione termica). Il processo, che aveva lo scopo di moralizzare il mercato, è durato una ventina d’anni ed è passato per le seguenti fasi:

  1. misura della superficie geometrica di tutti i corpi scaldanti delle aziende associate ad opera di una apposita commissione di tecnici di aziende concorrenti, come inizio di normalizzazione (prima di allora, data la difficoltà di misurare la superficie geometrica, non vi era omogeneità nelle dichiarazioni dei produttori nei propri cataloghi);
  2. promozione e partecipazione alla normativa per la misura dell’emissione termica dei corpi scaldanti fino alla pubblicazione della norma UNI 6514-69;
  3. effettuazione di prove termiche, iniziate ancor prima della pubblicazione della norma. Le tre serie di prove eseguite presso tre diverse Università sono state tutte invalidate per evidente scarsa precisione, accertata mediante prove incrociate. Queste prove hanno evidenziato le criticità di questo tipo di verifica dovute a carenze nella strumentazione, tarature, accuratezza dell’operatore e molti altri particolari che, se inosservati, conducevano a errori inaccettabili (dell’ordine del 20% e più);
  4. sulla base di queste esperienze l’E.CO.MA.R. ha stipulato un accordo di collaborazione con una sola università, prendendosi cura della progettazione, costruzione, taratura ed uso di un sistema termometrico di alta precisione che ha potuto assicurare in questa quarta serie di prove un'incertezza di misura inferiore all’uno per cento e una ripetibilità dei risultati che è risultata, in tutte le verifiche, sempre inferiore allo 0,4%;
  5. i dati così ottenuti hanno consentito di elaborare il “Metodo dimensionale” (questi dati sono stati pubblicati anche nel Bollettino E.CO.MA.R. n. 46 del dicembre 1995, disponibile nel blog www.progetto2000web.it);
  6. nel 1976 la legge 373/76 all’art. 22 ha prescritto ai produttori di fornire al pubblico i dati relativi ai prodotti di riscaldamento in conformità con le norme UNI (va precisato che all’epoca l’unica norma UNI riguardante gli apparecchi di riscaldamento era la UNI 6514 sull’emissione termica dei corpi scaldanti).

Dopo la pubblicazione della legge 373/76 l’E.CO.MA.R., tramite un suo funzionario ed un tecnico universitario, ha effettuato un’indagine presso la Mostra Convegno di Milano ed ha fornito alle aziende associate una relazione da cui compariva che nessun produttore dichiarava i dati richiesti dalla legge.

Attraverso il metodo dimensionale aveva individuato i dati meno credibili ed aveva sottoposto a prova termica tali prodotti reperiti sul mercato, ottenendo differenze fra valore dichiarato e valore misurato fino al 130%. Copia di questa relazione è finita al Ministero competente, che ha convocato a Roma tutti i produttori interessati imponendo loro l’immediata regolarizzazione della situazione (imposizione puramente teorica in quanto l’esecuzione delle prove occorrenti avrebbe richiesto tempi dell’ordine di anni. La regolarizzazione è quindi avvenuta, ma con dati convenientemente arrangiati secondo le convinzioni dei relativi produttori).

Nel corso degli ultimi anni 90, con l’arrivo della normativa europea, l’E.CO.MA.R. ha ritenuto esaurito il suo scopo ed ha cessato la sua attività.

Purtroppo, a distanza di oltre 20 anni si deve constatare che la situazione non è affatto normalizzata e che la potenza termica dei corpi scaldanti presenta ancora molte incertezze.

Due documenti in possesso del CTI (Comitato Termotecnico Italiano) lo dimostrano in modo inequivocabile:

  1. Nell’ambito dei lavori di preparazione della norma UNI 10200 il CTI ha nominato un “comitato di validazione” che, al termine dei lavori, ha steso un rapporto dettagliato, datato 3 marzo 2016, nel quale viene validato il “Metodo dimensionale” contenuto nella norma UNI 10200, mentre non vengono validati i cataloghi dei produttori di ripartitori per mancanza di elementi probanti.
    Questo rapporto, senza volerlo, getta qualche ombra anche sulla precisione dei certificati di prova presentati, giustificata dalla forte dispersione dei punti di prova ordinati nei grafici.
  2. Un rapporto dell’Università di Stoccarda commissionato dagli stessi produttori di ripartitori associati ad ANNCA, a firma anche dell’ing. Jorg Schmid (ndr. facente parte anche del suddetto “comitato di validazione”) riporta i risultati di un confronto eseguito su un notevole numero di corpi scaldanti, fra l’emissione termica calcolata con il metodo dimensionale (validato) e l’emissione termica dichiarata per gli stessi radiatori nei cataloghi dei produttori (non validati). Le differenze sono tali da rendere tali cataloghi inutilizzabili per la contabilizzazione indiretta del calore.

 Questi documenti dovrebbero, a mio avviso, essere portati a conoscenza del legislatore in quanto molto rilevanti per la regolamentazione della materia.

La norma UNI 10200

Uno degli scopi fondamentali della norma UNI 10200 era anche quello di rendere utilizzabile la contabilizzazione indiretta ed i ripartitori, con qualche disposizione aggiuntiva rispetto alla norma UNI EN 834, rendendoli compatibili con la definizione di contabilizzazione contenuta nel Decreto Legislativo. 

La norma precisa infatti quando è utilizzabile il metodo dimensionale, quando è necessario ricorrere a certificati di prova, e responsabilizza il progettista dell’impianto di contabilizzazione chiedendogli il rilascio all’utente di un certificato delle potenze installate riportante i valori delle potenze nominali, le loro origini e la sottoscrizione del documento per assunzione di responsabilità.

Certo si tratta di una complicazione in più, ma è il minimo necessario per tutelare i diritti dell’utente.

Le conseguenze delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 73/2020

La frase aggiunta alla definizione è in contrasto con la definizione stessa, che prevede “... la misura dell’energia … .”
I “totalizzatori” ed i “ripartitori” non misurano energia e l’uso della misura indiretta è strettamente legata alla corretta applicazione della norma UNI 10200.

Le nuove disposizioni di cui all’art. 9 sono anch’esse in netto contrasto con la definizione ove si dice “…una quota di almeno il 50% agli effettivi prelievi volontari di energia termica… .”

Come si determinano questi prelievi volontari in assenza di misura? E come si conciliano queste disposizioni con la definizione di contabilizzazione che prevede, come è ovvio, la misura?

Per fortuna la norma UNI 10200 non è abolita e rappresenta sempre la regola dell’arte; va quindi applicata dagli operatori che intendono applicare correttamente la contabilizzazione.

È vero che la legge non li obbliga, ma è giusto truffare gli utenti “a norma di legge”?

La legge è importante, ma non può modificare la realtà oggettiva e le leggi della fisica. Quando tenta di farlo non è credibile e perde autorità.

Le soluzioni possibili

Quanto sopra illustrato non lascia spazio ad opzioni fantasiose. A mio avviso le uniche soluzioni possibili sono le seguenti:

  1. ripristino della definizione originaria di contabilizzazione di cui all’art. 2 punto nn) del D.Lgs. 4 luglio 2014 n. 102, eliminando l’infelice frase aggiunta;
  2. ripristino, nell’art. 9, della prescrizione di conformità alla norma UNI 10200 quale condizione necessaria per l’accettazione della contabilizzazione indiretta e dei ripartitori nell’ambito della contabilizzazione obbligatoria.

 

In alternativa, escludere la contabilizzazione indiretta e la ripartizione dall’obbligo di legge per renderla opzionale. Chi la ritiene affidabile la potrà installare chiedendo le opportune garanzie nell’ambito della libera contrattazione (per esempio la conformità alla norma UNI 10200).

Io non credo che la legge, per quanto rispettabile, possa obbligare centinaia di migliaia di utenti a subire una truffa.

Per ulteriori approfondimenti si segnalano i seguenti articoli pubblicati su Progetto 2000 e reperibili sul sito www.progetto2000web.it

n. 42 - La contabilizzazione del calore. di F. Soma
n. 44 - La nuova norma UNI 10200-2013. di F.Soma e D.Soma
n. 45 - Norma UNI 10200-2013 - Criticità emerse in un primo periodo di utilizzo. di F.Soma
n. 46 - La norma UNI 10200-2013 è una norma difficile? di F.Soma e D.Soma
n. 48

n. 49

n. 50 - Ancora sulla contabilizzazione indiretta. di F.Soma
n. 51 - I guasti del D.Lgs. 141/2016. di F.Soma
n. 52 - Il metodo dimensionale per determinare la potenza termica dei corpi scaldanti. di F.Soma
n. 53 - Contabilizzazione indiretta. di L.Socal e F.Soma
n. 54 - Il nuovo progetto di revisione della norma UNI 10200 di D.Soma
n. 55 - La nuova norma UNI 10200-2018 di F. Soma
n. 56 - La norma UNI 10200-2018: obbligatoria o facoltativa? di D.Soma

 

Pubblicato il: 30/11/2020
Autore: F. Soma