I ponti termici: le basi

I ponti termici: le basi

Con trasmittanze basse, anche i ponti termici modesti hanno un’incidenza percentuale rilevante sulle dispersioni. Il “ponte termico” completa inoltre la descrizione delle caratteristiche termiche dell’involucro edilizio. Ecco alcuni concetti da ricordare per comprendere appieno il loro significato.

Di solito, quando pensiamo ad un ponte termico, ci viene in mente il classico pilastro di calcestruzzo in mezzo ad un muro di laterizio. Il calcestruzzo fa da percorso preferenziale per il calore, cioè da “ponte” per attraversare la barriera costituita dal muro. La definizione “fisica” di ponte termico è quindi una discontinuità strutturale, ben rappresentata dal pilastro in mezzo alla muratura.

Nella normativa il ponte termico ha assunto un significato più ampio. Dal punto di vista termico, noi rappresentiamo l’edificio come una serie di superfici elementari che racchiudono lo spazio riscaldato.

Per ciascuna superficie elementare k definiamo un’area Ak ed una trasmittanza Uk, calcolata in base alla stratigrafia. Il coefficiente di dispersione Hk della singola struttura k è dato dal prodotto della trasmittanza per l’area: Hk = Ak x Uk. Il coefficiente di dispersione per trasmissione complessivo dell’involucro edilizio HT è dato dalla somma dei coefficienti di dispersione Hk dei suoi diversi elementi strutturali, cioè HT = ∑Hk.

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In questa rappresentazione manca ancora l’effetto delle giunzioni fra le singole strutture, che, in generale, sarà dato da un contributo al coefficiente di dispersione Hk rapportato alla lunghezza della giunzione presa in considerazione.

Le trasmittanze lineiche Ψi delle giunzioni fra strutture, espresse in W/mK, estendono il significato normativo di ponte termico da mera rappresentazione di una disuniformità nell’isolamento della struttura a completamento sistematico della descrizione dell’involucro edilizio.

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Fig. 1 - Il ruolo del ponte termico nella descrizione termica dell’involucro edilizio

Per fissare le idee, pensiamo ad un angolo in muratura come quello rappresentato in figura 2. Dal punto di vista termi-co lo rappresentiamo con le due superfici A1 ed A2 e le trasmittanze U1 ed U2. Se utilizziamo le dimensioni esterne, scriveremo: 

H ≈ A1,EST x U1 + A2,EST x U2.

E’ evidente che questo primo calcolo non è corretto. Se la struttura è uniforme (laterizio da ambo i lati, nessun pilastro nell’angolo), il coefficiente di dispersione calcolato è approssimato per eccesso perché è stata “contata due volte” la zona d’angolo.

Per “correggere” il calcolo ed arrivare al risultato vero, oltre a rappresentare ciò che succede nell’area delle pareti (con le trasmittanze U1 ed U2 ricavate in base alla stratigrafia), occorre anche tenere conto di cosa succede lungo tutti gli spigoli che delimitano e congiungono le superfici elementari nelle quali è stato suddiviso l’involucro edilizio. Ciò può essere fatto aggiungendo un contributo alla dispersione termica, proporzionale alla lunghezza e tipologia di giunzione fra le pareti (trasmittanza lineica) scrivendo:

H = AEST,1 x U1 + AEST,2 x U2 + Ψ x l

Nel caso illustrato in figura 2 il ponte termico sarà negativo. Ciò non deve sorprendere perché la distorsione del flusso termico nello spigolo ove convergono le due strutture incidenti, in questo caso, non è dovuta ad una disuniformità del materiale ma all’effetto geometrico del diverso orientamento delle pareti.

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Fig. 2 - Angolo in muratura uniforme

Se invece, nella medesima giunzione fra le pareti, c’è fisicamente un pilastro, come si vede nella figura 3, allora il ponte termico riacquista anche il suo significato fisico di disuniformità del materiale e ridiventa positivo.
In sintesi, oltre ai ponti termici “fisici”, si dovrà tenere conto anche di tutti i ponti termici “geometrici” dove ci siano giunzioni fra superfici (parete/soletta - finestra/parete, ecc.).

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Fig. 3 - Pilastro d’angolo nella muratura

Negli esempi delle figure 2 e 3 si è scelto il sistema di rappresentazione più comunemente usato, basato sulle cosid-dette “dimensioni esterne” dell’edificio. Nulla vieta però di utilizzare un sistema diverso. Si può rappresentare la strut-tura anche con le dimensioni interne anziché esterne. La situazione illustrata in figura 2 diventa quella riportata in figu-ra 4.

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Fig. 4 - Pilastro d’angolo nella muratura con le dimensioni interne

In questo caso il ponte termico d’angolo è sempre positivo, perché l’angolo non è mai conteggiato. In questo caso risulta:

H = AINT,1 x U1 + AINT,2 x U2 + ΨINT x l

Il valore di H deve necessariamente essere uguale a quello del caso precedente. Ciò evidenzia un’altra caratteristica dei ponti termici: il valore della trasmittanza lineica deve essere coerente col sistema di dimensioni scelto.

E’ per questo che nel rappresentare un edificio si possono utilizzare indifferentemente le dimensioni interne od esterne delle strutture.

I sistemi previsti dalle norme EN sono tre, rappresentati schematicamente nella figura 5.

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Fig. 5 - Sistemi di dimensioni previsti dalle norme EN

Per passare dal valore di un ponte termico con un sistema di dimensioni ad un altro si deve uguagliare il valore di H espresso nei vari sistemi. Nel caso dell’angolo esterno, tenuto conto dello schema di dimensioni riportato in figura 6, si ottiene facilmente:

ΨEST = ΨINT - S2 x U1 - S1 x U2

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Fig. 6 - Schema delle misure interne ed esterne di un angolo esterno

La relazione esatta fra i valori dei ponti termici nei diversi sistemi di dimensioni dipende dalla geometria delle pareti in-cidenti e potrebbe differire fra dimensioni interne nette o complessive.
Nel caso di una pura giunzione piana (finestra in un muro) non vi è differenza fra dimensioni esterne ed interne.

Si può anche osservare che il calcolo della trasmittanza media porta a risultati diversi, utilizzando sistemi di dimensioni diversi. La legislazione italiana fa generalmente riferimento alle superfici lorde (quelle che definiscono il volume lordo riscaldato), che portano ai valori di trasmittanza equivalente più bassi.

Nel caso di superfici incidenti perpendicolarmente fra loro è possibile usare un’altra modalità di rappresentazione degli effetti ai bordi. Per ottenere il valore corretto di coefficiente di scambio globale H, invece di aggiungere una trasmit-tanza lineica, si può modificare la trasmittanza di una striscia di parete vicino al bordo, di larghezza che viene normal-mente assunta pari allo spessore della parete incidente.

Questa “striscia” di confine si chiama “parete fittizia” perché a questo tratto di parete si attribuisce una trasmittanza fittizia Uf.

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Fig. 7 - Rappresentazione di un ponte termico col metodo della parete fittizia

Confrontando l’espressione di H con il metodo della parete fittizia e con il metodo delle dimensioni esterne si ottiene facilmente la relazione:

Uf = U + Ψ x l/Af = U + Ψ/b

dove:
b è la larghezza della parete incidente.

Il significato della formula è piuttosto intuitivo in quanto indica che l’aumento di trasmittanza della parete fittizia è pari proprio al ponte termico (valutato sulle dimensioni esterne) “spalmato” sulla striscia di parete “fittizia”. Ciò consente di passare molto semplicemente da un valore di ponte termico con dimensioni esterne (reperibile facilmente su abachi) al corrispondente incremento della trasmittanza della parete fittizia.

PONTI TERMICI SINGOLI E DOPPI

Il ponte termico è causa di una dispersione aggiuntiva per ogni metro lineare. Può essere diviso in due quando lo si debba ripartire fra due locali o zone, quando, ad esempio si trova sul confine fra una zona soggetta a valutazione di trasmittanza media ed il resto dell’edificio.

Ad esempio, il ponte termico di soletta, nel caso di isolamento intermedio, vale: Ψ ≈ 1,0 W/mK.

Per ogni metro di soletta, il contributo del ponte termico HΨ al coefficiente di dispersione H può essere calcolato complessivamente:
HΨ = Ψ x l = 1,0 W/mK x 1 m = 1 W/K

oppure separatamente, per i due locali A e B adiacenti, utilizzando due mezzi ponti termici:
HΨA = Ψ/2 x l = 0,5 W/mK x 1 m = 0,5 W/K
HΨB = Ψ/2 x l = 0,5 W/mK x 1 m = 0,5 W/K

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Fig. 8 - Suddivisione del ponte termico in due metà

Naturalmente si possono fare molte considerazioni interessanti, su quale sia il criterio più opportuno per suddividere il contributo del ponte termico sulle strutture incidenti. Oltre al metodo semplificato sopra riportato (metà/metà) si po-trebbe pensare ad una ripartizione pesata sulle rispettive trasmittanze oppure a coefficienti di dispersione globale del-le pareti incidenti. Questa questione è tutt’altro che trascurabile, soprattutto laddove si debba verificare la trasmittan-za di una struttura comprensiva dell’effetto dei ponti termici di competenza.

Si deve infine ricordare che:

  • l’abaco di ponti termici della norma EN 14683 fornisce il valore di Ψ;
  • l’abaco di ponti termici della norma UNI 7357 fornisce il valore di Ψ/2.

ALTRE APPLICAZIONI DEI PONTI TERMICI

Il calcolo delle dispersioni dei componenti finestrati è eseguito, in conformità con le norme EN, applicando letteral-mente il concetto di ponte termico: si determinano, indipendentemente, le trasmittanze del vetro e del telaio; ven-gono quindi rappresentate con ponti termici le giunzioni fra vetro e telaio e fra telaio e muratura, così come illustrato in figura 9.

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Fig. 9 - Modello di calcolo delle dispersioni di una finestra

Un’altra applicazione dei ponti termici è quella del calcolo delle dispersioni verso il terreno. Nel caso più semplice, la norma EN 13370 fornisce un valore di trasmittanza equivalente Ueq riferito ad una soletta piana appoggiata sul terreno.

Il ponte termico perimetrale tiene conto degli effetti sul campo termico di eventuali isolanti disposti lungo le fonda-menta e dell’effetto della presenza di marciapiedi, terreno rialzato, piano campagna ribassato e quant’altro possa in-fluenzare la trasmissione del calore attraverso il terreno fuori dall’involucro edilizio.

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Fig. 10 - Campo termico attorno ad una fondazione

COME SI CALCOLA IL PONTE TERMICO

La valutazione dei ponti termici diventa sempre più importante nel calcolo del fabbisogno dei nuovi edifici. Isolando efficacemente le pareti, l’influenza dei dettagli, ossia il comportamento delle giunzioni, assume importanza crescente, contando fino al 50% o anche di più, nel caso di isolamento termico spinto.
Il metodo generale per la determinazione del valore di Ψ prevede un calcolo agli elementi finiti. La procedura, descritta nella norma UNI EN 10211, è abbastanza laboriosa e richiede conoscenze relative alla modellizzazione dei campi termi-ci.

Nella maggior parte dei casi si può far riferimento a cataloghi (abachi) di ponti termici pre-calcolati per le situazioni più comuni. La norma UNI EN 14683 è un esempio di catalogo di ponti termici, molto semplificato e cautelativo.
Nel consultare gli abachi dei ponti termici è necessario fare attenzione al tipo di dimensioni utilizzate nella compilazio-ne e se sono forniti i valori del ponte termico totale o dimezzato.

L’abaco prodotto da Edilclima è specifico per la realtà italiana e contiene un nutrito archivio di casi pre-calcolati col me-todo degli elementi finiti.

E’ sconsigliabile, invece, l’uso delle maggiorazioni delle trasmittanze, pur ammesso dalla UNI TS 11300-1, se non altro per il fatto che maggiore è la trasmittanza delle strutture, minore è l’incidenza percentuale dei ponti termici. Nel caso di edifici non isolati è inutile aggiungere una percentuale fissa, spesso di entità inferiore all’incertezza di calcolo delle trasmittanze delle strutture.

In un edificio isolato non è invece possibile valutare forfettariamente l’incidenza dei ponti termici, che dipende molto dalle soluzioni costruttive di dettaglio. In presenza di uno strato coibente, l’incidenza percentuale dei ponti termici di-venta del tutto imprevedibile e certamente significativa: varia tipicamente da almeno il 20% (edificio nuovo corretta-mente costruito) a ben oltre il 50%.

 

Pubblicato il: 30/06/2011
Autore: L. Socal