
La norma UNI 10200: facoltativa o necessaria?
1 Premessa
Le parole chiave dell’attuale contesto? Sostenibilità ed efficientamento, declinate attraverso molteplici sfaccettature e tasselli. Uno di questi tasselli è proprio costituito dalla termoregolazione e dalla contabilizzazione del calore, costituenti un presupposto cruciale per il monitoraggio e il contenimento dei consumi.
Strettamente correlata a tali concetti è anche la ripartizione delle spese, che deve rispondere a criteri di equità e correttezza. E all’implementazione di questi principi non si è giunti in modo immediato, ma attraverso un lungo percorso di normazione e di legislazione, evolutosi e affinatosi nel tempo, seppur non sempre in modo lineare.
Il modo migliore di applicare le norme e le leggi? Innanzitutto comprenderne la “ratio” sottostante, inquadrando la volontà del legislatore e interpretandone lo scopo. Ripercorriamo quindi, in questo breve articolo, le principali tappe della regolamentazione inerente alla ripartizione delle spese (per riscaldamento, raffrescamento e acqua calda sanitaria), cercando di identificarne, nel contempo, la lettura più corretta.
2 La norma UNI 10200
Si sono succedute numerose versioni (1993, 2005, 2013, 2015, 2018), di cui l’ultima è quella a tutt’oggi vigente.
Introduce due differenti componenti di spesa: una quota a consumo, da ripartirsi in base agli effettivi prelievi volontari, e una quota fissa, da ripartirsi in base ai millesimi di fabbisogno, questi ultimi rappresentativi dell’uso potenziale dell’impianto.
Punto di pregio della norma è la definizione di una metodologia di calcolo, finalizzata alla determinazione dei consumi (volontari e involontari) e alla loro valorizzazione (determinazione del costo unitario dell’energia termica utile).
Ulteriore punto di pregio è la gestione di molteplici casistiche particolari, che esulano dalle condizioni standard.
3 Il percorso legislativo
La L. 10/91, art. 26, comma 5, introduce un concetto cardine: la ripartizione delle spese di riscaldamento deve essere effettuata in base agli effettivi prelievi volontari dei singoli utenti (“consumo effettivamente registrato”), misurati attraverso l’utilizzo di dispositivi di contabilizzazione.
Il D.Lgs. 102/14, stabilisce quindi, nella sua versione originaria, all’art. 9, comma 5, lettera d, l’obbligo di utilizzo della norma tecnica UNI 10200 per la ripartizione delle spese. Sulla base di tale prescrizione la norma non rappresenta più solo la regola dell’arte, ma assurge a disposizione cogente.
Il D.Lgs. 141/16 introduce una prima modifica, prevedendo la possibilità di deroga alla UNI 10200, in caso di non applicabilità oppure di attestazione, mediante una relazione tecnica asseverata, di differenze superiori al 50% tra i fabbisogni specifici dei singoli utenti. In tale ipotesi è infatti possibile ripartire almeno il 70% della spesa totale a consumo, in base agli effettivi prelievi volontari, e il restante importo a millesimi, di qualsivoglia tipologia, a discrezione del condominio.
Un’ulteriore modifica viene introdotta dal D.Lgs. 73/20, il quale elimina il riferimento alla norma UNI 10200, prevedendo un unico vincolo: la ripartizione di almeno il 50% dell’importo totale a consumo, in base agli effettivi prelievi volontari, e il restante importo a millesimi.
4 Il quadro interpretativo
Alla luce della regolamentazione vigente (D.Lgs. 102/14, come modificato dal D.Lgs. 73/20), la norma UNI 10200 non è più, dunque, di applicazione cogente. Ma si può davvero farne a meno? Al fine di rispondere a questa domanda, occorre tener conto dei seguenti aspetti:
- la norma UNI 10200 continua a rappresentare la regola dell’arte, a cui è bene attenersi al fine di evitare criticità o contenziosi;
- l’unico modo per eseguire una ripartizione davvero basata sui consumi effetti, nel rispetto dei principi di equità e di contenimento dei consumi definiti dalla legge, è quello di applicare la metodologia di calcolo fornita dalla norma, fondata non su percentuali precostituite ma su un bilancio energetico (l’utilizzo di altri criteri potrebbe infatti portare a risultati scorretti e iniqui);
- le linee guide ENEA, pubblicate nel marzo 2021, in attuazione del D.Lgs. 73/20, art. 9, comma 5-quater, rimarcano il concetto di consumo effettivo e avvalorano il ricorso, soprattutto in caso di contabilizzazione indiretta, alle prescrizioni normate.
Per tutte le ragioni sopraddette, l’applicazione della norma UNI 10200, considerata nella sua interezza, rappresenta, a tutt’oggi, l’opzione migliore: non solo più cautelativa, ma anche più rispettosa dei principi di fondo espressi dalle disposizioni di legge.
Fig. 1 Esempio di implementazione della norma UNI 10200 e del D.Lgs. 102/14 attraverso il software EC710
4 Conclusioni
In conclusione, nelle regolamentazioni succedutesi possiamo ravvisare, a tutt’oggi, un punto ben saldo, che non è mai venuto meno e che costituisce una costante: il principio del “consumo effettivo”.
La miglior strategia per il rispetto di tale principio? È riassunta in due parole chiave: regola dell’arte e buona tecnica. E ciò si traduce non solo nell’implementazione della normativa tecnica vigente (relativa alla ripartizione delle spese e, in senso più lato, al calcolo energetico), ma anche nell’adozione di un approccio rigoroso, sistematico e ampio, attento alla razionalizzazione dei consumi, all’efficientamento e alla sostenibilità (energetica, economica, ambientale), intesa nel suo complesso.
Per maggiori approfondimenti su questo argomento si rinvia anche all’articolo pubblicato, nel dicembre 2022, sul numero 63 di Progetto 2000, in cui le tematiche trattate sono ancora del tutto pertinenti, attuali e valide: https://www.progetto2000web.com/articoli/contabilizzazione/la-contabilizzazione-del-calore-stato-dellarte-ed-interpretazioni/.