Il calcolo del rendimento globale medio stagionale

Il calcolo del rendimento globale medio stagionale

1. Premessa

Il rendimento globale medio stagionaleg) costituisce un parametro fondamentale essendo rappresentativo delle prestazioni dell’impianto nel suo complesso, tenuto conto di tutti i sottosistemi da cui è composto (emissione, regolazione, distribuzione, accumulo, generazione).

Il concetto di “rendimento” non costituisce certo una novità, bensì viene utilizzato pressochè da sempre, nell’ambito delle valutazioni termotecniche ed ai fini del calcolo delle prestazioni delle macchine termiche.

Tale concetto ha così assunto rilievo, ad esempio, fin dalle prime applicazioni dei calcoli energetici agli edifici ed agli impianti in essi presenti, quali quelle connesse alla Legge 10/91 ed al DPR 412/93.

2. I principi fisici

Il rendimento costituisce, innanzitutto, un parametro “fisico”, connotante in generale qualsiasi sistema termico. Esso è dato, una volta definiti i confini di un determinato sistema, dal rapporto tra l’energia in uscita (al netto delle perdite aventi sede nel sistema considerato) ed il corrispondente impiego di risorse in ingresso (tenuto conto cioè delle perdite verificatesi), come indicato nella figura 1.

P2051 DSoma Art. rendimenti Fig 1 P2051
Fig. n. 1: Il rendimento di un sistema termico

3. Le differenti “sfaccettature” del calcolo

Il calcolo del rendimento è dunque estremamente semplice, tuttavia, affinchè venga effettuato in modo corretto, occorre che i due termini del rapporto, cioè il numeratore ed il denominatore, siano adeguatamente determinati. In particolare:

  • il numeratore rappresenta l’energia in uscita, ossia richiesta al sistema;
  • il denominatore costituisce l’energia in ingresso, ossia consegnata dal combustibile.

Va comunque precisato che i parametri considerati (energia in ingresso ed uscita) devono essere adeguatamente calcolati in base al servizio (riscaldamento, raffrescamento ed acqua calda sanitaria) ed in funzione della tipologia di impianto, più o meno complesso (es. solo idronico, ad aria primaria o a tutt’aria).

Le disposizioni di legge (DM 26.06.15), così come le norme tecniche da esse richiamate (es. UNI/TS 11300-2), hanno inoltre introdotto un ulteriore passaggio coinvolgendo nel calcolo il concetto di energia primaria. Lo scopo di ciò è di tener conto di tutti i vettori energetici in gioco, ossia ad esempio non solo del combustibile ma anche dell’energia elettrica.

Si definiscono così due differenti tipologie di parametri, in funzione della grandezza adottata al denominatore:

  • il rendimento termico, calcolato rispetto all’energia consegnata dal combustibile;
  • l’efficienza globale media stagionale, come definita dai DM 26.06.15, calcolata rispetto all’energia primaria impiegata.

Vale la pena a tale riguardo di effettuare qualche riflessione. Il rendimento termico è contraddistinto da un significato “fisico” consentendo di definire le prestazioni “effettive” del sistema oggetto del calcolo. Tale parametro è dunque particolarmente rilevante ed utile ai fini, ad esempio, della diagnosi energetica ed in ogni caso ove occorra definire le prestazioni di un dato sistema.

L’efficienza globale media stagionale costituisce invece un parametro differente ed è influenzato dai fattori di conversione dell’energia consegnata ed esportata dai differenti vettori. Tali fattori, definiti dall’Allegato 1, Tabella 1, del decreto “requisiti minimi”, sono rappresentativi ad esempio delle perdite dovute al trasporto dei vettori energetici, le quali non competono direttamente al sistema considerato bensì avvengono al di fuori dei suoi confini.

Nella valutazione dell’energia primaria totale concorrono inoltre ulteriori impianti quali quello solare termico o fotovoltaico. Non si tratta quindi di un rendimento “fisico” ma di un indicatore più generale, caratterizzante non tanto l’impianto quanto il servizio nel suo complesso, il quale trova applicazione in particolare alla verifica dei requisiti minimi ed alla compilazione dell’attestato di prestazione energetica (APE).

Poiché l’efficienza globale media stagionale deve essere calcolata ai fini del soddisfacimento di obblighi di legge mentre il rendimento termico è quello convenzionalmente rappresentativo delle prestazioni del sistema (valori tipici a cui i termotecnici sono abituati), si ritiene consigliabile calcolarli entrambi.

4. Il rendimento termico

Il rendimento termico deve essere calcolato in modo distinto per ciascun servizio. Passaggio essenziale è l’identificazione dell’energia in uscita dall’impianto, tenuto conto, in caso di compresenza di più sotto-impianti (idronico ed aeraulico), di tutti i contributi concorrenti.

Si applicano dunque le seguenti formule:

  • per il servizio di riscaldamento:
    ηH = (QH,idr,em,out + QH,risc,nd + QH,hum,nd) / QH,gen,in      [-]
  • per il servizio di raffrescamento:
    ηC = (QC,idr,em,out + QC,aer,nd) / QC,gen,in      [-]
  • per il servizio di acqua calda sanitaria:
    ηW = QW,er,out / QW,gen,in      [-]

 dove:
QH,idr,em,out   =   fabbisogno in uscita dall’emissione dell’impianto di riscaldamento idronico [kWht];
QH,risc,nd       =   fabbisogno per il preriscaldamento dell’aria [kWht];
QH,hum,nd      =   fabbisogno per umidificazione [kWht];
QH,gen,in        =   fabbisogno in ingresso alla generazione per riscaldamento [kWht ];
QC,idr,em,out    =   fabbisogno in uscita dall’emissione dell’impianto di raffrescamento idronico [kWht];
QC,aer,nd        =   fabbisogno per i trattamenti dell’aria estivi [kWht];
QC,gen,in        =   fabbisogno in ingresso alla generazione per raffrescamento [kWht];
QW,er,out       =   fabbisogno in uscita dall’erogazione [kWht];
QW,gen,in       =   fabbisogno in ingresso alla generazione per acqua calda sanitaria [kWht].

5. L’efficienza globale media stagionale

L’efficienza globale media stagionale si calcola esattamente come il rendimento termico (stesso numeratore) con la sola differenza che si pone al denominatore non l’energia consegnata bensì quella primaria, rappresentativa dunque di tutti i vettori energetici impiegati (combustibile ed energia elettrica).

Si applicano quindi le seguenti formule:

  • per il servizio di riscaldamento:
    ηH = (QH,idr,em,out + QH,risc,nd + QH,hum,nd) / EH,p,nren/tot      [-]
  • per il servizio di raffrescamento: 
    ηC = (QC,idr,em,out + QC,aer,nd) / EC,p,nren/tot      [-]
  • per il servizio di acqua calda sanitaria:
    ηW = QW,er,out / EW,p,nren/tot      [-]

 dove:
EH,p,nren/tot =  energia primaria non rinnovabile o totale per riscaldamento [kWhp];
EC,p,nren/tot =  energia primaria non rinnovabile o totale per raffrescamento [kWhp];
EW,p,nren/tot    =   energia primaria non rinnovabile o totale per acqua calda sanitaria [kWhp].

Si pone ora la domanda di quale sia l’energia primaria da utilizzare, cioè se quella non rinnovabile o totale. 

Una risposta ragionevole a tale domanda sembrerebbe quella di utilizzare, adottando un criterio di uniformità rispetto ai parametri riportati in ciascun documento:

  • nel caso dell’APE (in cui viene mostrato l’indicatore EPgl,nren), l’energia primaria non rinnovabile;
  • nel caso della verifica dei requisiti minimi (al cui fine viene determinato l’indicatore EPgl,tot), l’energia primaria totale.

6. Le criticità legate alle norme ed alle FAQ

Il calcolo del rendimento sembrerebbe dunque procedere in modo regolare ed essere avulso da particolari criticità fondandosi su principi apparentemente ben saldi ed indiscutibili. Ciò non trova però un evidente riscontro, perlomeno in alcuni casi, nelle prescrizioni normative né, tantomeno, nei chiarimenti forniti da alcune FAQ ministeriali.

In particolare si ravvisano le seguenti criticità:

  • la specifica tecnica UNI/TS 11300-2 (formula 6) riporta, ai fini del calcolo del rendimento di riscaldamento, la sola formula “base”, riferita al caso più semplice (assenza di ventilazione meccanica, recuperi ed intermittenza), ipotesi in cui il fabbisogno in uscita all’emissione coincide sostanzialmente con quello del fabbricato. Tale formula ricorda una definizione “basilare” di rendimento riportata nel DPR 412/93, la quale appare oggi, alla luce di impianti via via più complessi, un po’ troppo minimale. L’assenza di più espliciti dettagli può così condurre, ove ci si limiti ad un’interpretazione “letterale” della norma, all’equivoco che la predetta formula sia applicabile in generale, senza ricorrere ad alcun adattamento;
  • alcune FAQ ministeriali pubblicate il 1° agosto 2016, relative rispettivamente all’APE (n. 2.71) ed alla verifica dei requisiti minimi (n. 2.28), confermano purtroppo il fraintendimento di cui sopra precisando che l’efficienza si calcola come rapporto tra il fabbisogno del fabbricato (valutato nell’ipotesi di sola ventilazione naturale) ed il consumo di energia primaria. Ciò conduce alla determinazione di un parametro privo di significato fisico generando oltretutto problematiche nell’esito positivo delle verifiche. Si pensi ad esempio al caso di edificio esistente, scarsamente isolato, il quale sia provvisto di ventilazione meccanica. In tale caso il “peso” della ventilazione è molto più marcato nell’edificio di riferimento (caratterizzato da un fabbricato performante) che non nell’edificio reale conducendo così ad un valore limite di fatto irraggiungibile (prospetto 1);
  • la sopracitata FAQ n. 2.71 precisa inoltre che in caso della compilazione dell’APE occorre mettere al denominatore l’energia primaria totale il che conduce ad una disuniformità, seppur prevalentemente formale, rispetto agli ulteriori parametri contenuti nel documento.

 P2051 DSoma Art. rendimento tabella P2051

Prospetto 1 - Esempi di verifica dell’efficienza in caso di edifici esistenti soggetti ad interventi sul solo impianto (fabbricato scarsamente isolato, presenza di ventilazione meccanica con recuperatore di calore ed assenza di trattamenti aria)

7. I punti a supporto di una corretta interpretazione

Le criticità sopra esposte potrebbero dunque condurre ad un calcolo scorretto, al quale si può tuttavia ovviare attraverso una lettura più approfondita tanto delle norme quanto dei decreti.

Premesso che l’appello ai principi fisici dovrebbe essere tale, già di per sé, da scongiurare qualsiasi incoerenza, occorre tener presente, al fine di non incorrere in errori, i seguenti punti:

  • la UNI/TS 11300-1, punto 12, precisa che, ai fini delle valutazioni sul fabbricato, si ipotizza la sola ventilazione “naturale” mentre, ai fini delle valutazioni sull’impianto, si considera la ventilazione “effettiva”;
  • la UNI/TS 11300-2, punto 5.5.4, prescrive che il rendimento si calcola come rapporto tra il fabbisogno ideale ed il fabbisogno di energia primaria. Il fabbisogno ideale, indicato genericamente con QH,nd ed inteso come parametro fondamentale di ingresso per il calcolo dell’energia primaria, si calcola tenuto conto dei seguenti aspetti, ove presenti:
    • la ventilazione effettiva (punto C.3.1.1 → QH,nd,eff);
    • i recuperi dovuti all’impianto di ACS (punto 6.1.2 → Q’H,nd);
    • il regime di funzionamento continuo o intermittente (punto 6.1.1 → QH,nd,interm);
    • i trattamenti dell’aria (punto C.3.1.1 → QH,risc,nd + QH,hum,nd);
  • la UNI/TS 11300-3 precisa che occorre tener conto sia della ventilazione meccanica (punto 5.2.2) sia dei trattamenti aria (punto 5.1);
  • i DM 26.06.15 rinviano alle UNI/TS 11300 precisando in particolare, in merito al raffrescamento, che occorre tener conto dell’eventuale controllo dell’umidità (Allegato 1, Tabella 3).

 

Effettuando il “combinato disposto” dei punti suddetti, operando in analogia con il raffrescamento (in merito a cui le nome sono esplicite) ed appellandosi alla fisica si evince dunque come il “fabbisogno ideale”, da intendersi come l’“energia in uscita dall’impianto ed al netto delle perdite dei relativi sottosistemi” coincida, nel caso più semplice, con il “fabbisogno del fabbricato” (QH,em,out = QH,nd,rif) mentre debba essere, nei casi più complessi, adeguatamente calcolato (QH,em,out = QH,idr,em,out + QH,risc,nd + QH,hum,nd). 

8. Conclusione

In conclusione si ritiene ragionevole ed auspicabile operare in conformità alle leggi, ai decreti ed alle norme tecniche da essi richiamate, fermo restando, quale presupposto di fondo nell’interpretazione dei documenti, il rispetto dei principi fisici. Di fronte ad un’incertezza interpretativa la soluzione preferibile sembra infatti quella di ragionare secondo i predetti principi, il che dovrebbe condurre, di regola, alla corretta lettura.

Quanto invece alle FAQ ministeriali, esse costituiscono in generale, pur non avendo un valore di legge, un riferimento autorevole ed un’utile traccia in caso sussistano, su un dato punto, più interpretazioni.

Ove però tali FAQ siano foriere di dubbi o si pongano in contrasto con la legge stessa, così come nel caso in esame, appare più cautelativo porle in subordine ed attenersi ai riferimenti gerarchicamente superiori.

Le criticità verranno presumibilmente risolte in fase di recepimento della nuova normativa europea (pacchetto EPBD al voto formale nel gennaio 2017), momento in cui si coglierà l’occasione per ottimizzare le definizioni ed i metodi di calcolo dei vari parametri così da fornire al legislatore un riferimento chiaro ed inequivocabile, non più suscettibile di dubbi.

Nell’attesa è lasciata all’esperienza ed al buon senso del progettista la facoltà di operare nel modo migliore.

Pubblicato il: 31/12/2016
Autore: D. Soma