Il conto energia termico - Decreto 28.12.2012

Il conto energia termico - Decreto 28.12.2012

L’articolo è stato presentato a Padova il 13 aprile 2013 al convegno ANTA “È crisi. Come reagire?”, nell’ambito della manifestazione Pro-energy+

Il decreto 28.12.2012 “Incentivazione della produzione di energia termica da fonti rinnovabili ed interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni”, noto anche come “conto termico”, attua le disposizioni dell’art. 28 del D.Lgs. 3 marzo 2011 n. 28, che prevede incentivi alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili e agli interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni.

L’incentivo dipende dalla tipologia di intervento ed è funzione della quantità di energia risparmiata attraverso gli interventi di efficienza energetica o della quantità di energia rinnovabile prodotta.

L’incentivo è rappresentato da un contributo alle spese sostenute, di entità non superiore al 40% ed ha durata variabile, di due o cinque anni, in funzione della tipologia di intervento.

La gestione del meccanismo e l’erogazione degli incentivi ai soggetti beneficiari è affidata al G.S.E. (Gestore dei Servizi Energetici).

SOGGETTI BENEFICIARI

Sono ammessi agli incentivi:

  • le Amministrazioni pubbliche;
  • i soggetti privati (persone fisiche, condomini, imprese).

Il beneficiario, definito “Soggetto Responsabile”, è chi ha sostenuto le spese e può operare anche attraverso un soggetto delegato.

INTERVENTI INCENTIVABILI

Gli interventi incentivabili sono diversi per edifici pubblici o privati.

Edifici pubblici

Agli edifici pubblici sono riservati 200 dei 900 milioni di euro per i seguenti interventi:

  • a) isolamento termico di superfici opache;
  • b) sostituzione di superfici trasparenti e relativi infissi;
  • c) sostituzione di generatori esistenti con altri a condensazione;
  • d) installazione di sistemi di schermatura estivi.

Edifici di proprietà privata

Agli edifici di proprietà privata sono riservati i restanti 700 milioni di euro, ma sono ammessi solo i seguenti interventi:

  • a) sostituzione di generatori esistenti con generatori a pompa di calore elettrica o a gas (aerotermiche, geotermiche o idrotermiche);
  • b) sostituzione di generatori esistenti (anche di serre) con generatori a biomassa;
  • c) installazione di collettori solari termici;
  • d) sostituzione di scaldacqua elettrici con scaldacqua a pompa di calore.

COME ACCEDERE AGLI INCENTIVI

Occorre compilare la “scheda domanda” resa disponibile su un portale internet dedicato con le modalità che saranno previste dalle Regole Applicative del G.S.E., pubblicate di recente.

E’ prevista la diagnosi energetica “di alta qualità” al fine di dimostrare l’entità del risparmio e l’efficacia sotto il profilo dei costi.

LA NOSTRA VALUTAZIONE

Lo avevamo auspicato, lo avevamo suggerito(1), vi avevamo riposto grandi aspettative, in particolare per generare sviluppo senza costi e fermare quindi il declino al quale non poteva che portare una politica miope, fondata sulle sole imposizioni fiscali, e finalmente è arrivato..., ma non è il fondo rotativo che avevamo richiesto.

Il provvedimento non è pertanto in grado di rimuovere i principali ostacoli che si frappongono al raggiungimento dell’obiettivo.

Si potrà obiettare che il Decreto è attuativo di un articolo del Decreto Legislativo 28/2011 e come tale non poteva che avere i contenuti che ha. Ed allora tutto bene? A mio avviso no. Io sono un tecnico e non un burocrate, ma è chiaro che a fronte dei costi che gravano sul consumatore, i vantaggi sono del tutto inadeguati.

E’ possibile che, con apparati di governo così dispendiosi, che comprendono organi della Comunità Europea, governo centrale, governi regionali, provinciali e comunali, nessuno abbia a cuore i destini della nostra Italia? La burocrazia, le formalità e le contraddizioni abbondano, il lobbismo è attivo, ma i fatti e la sostanza sono deludenti perché trascurano l’interesse dei cittadini.

NOTA (1). Vedi Progetto 2000: n. 29 pag. 8 e 17, n. 35 pag. 6 e 7 e n. 41 da pag. 4.

I PEGGIORI DIFETTI DEL DM 28.12.12

1. Non risolve il problema

Molti edifici condominiali sono caratterizzati da consumi altissimi: caldaie vecchie, isolamenti carenti, ma molti condomini, fra cui quelli disoccupati, sempre più numerosi, non hanno le risorse necessarie per gli interventi.

Il decreto non risolve queste situazioni, anzi, spesso le aggrava, perché toglie a tutti, compresi i poveri, per regalare ai ricchi (intendendo per tali coloro che hanno le risorse necessarie per attuare l’intervento).

Per ottenere l’incentivo, costituito da un rimborso fino al 40% delle spese ammissibili in due o cinque anni, il richiedente deve dimostrare, con una diagnosi “di alta qualità”, la convenienza economica dell’intervento e deve prima eseguirlo per ottenere gli incentivi.

Se l’intervento è stato eseguito ed è stata dimostrata, per mezzo della diagnosi, la sua inequivocabile convenienza economica, perché regalare fino al 40% della spesa, a fondo perduto, al beneficiario dei risparmi, che già gli consentono di ripagare la spesa in pochi anni? Non dimentichiamo che si tratta di soldi prelevati ai consumatori, fra cui quelli che non possono realizzarli per se stessi.

Sarebbe bastato un prestito del 100% del valore dell’opera, da restituire nel tempo di ritorno dell’investimento, per consentire a tutti di realizzarli. Il prestito, una volta reso, sarebbe stato disponibile per finanziare altri interventi. Così invece il fondo si esaurisce con tanti “regali” ingiustificati. E poi? Rinunciamo al risparmio o ci rivolgiamo nuovamente ai consumatori?

Nemmeno lo sgravio fiscale del 50 o 55%, comunque deleterio per uno stato pieno di debiti, non può far gola a condomini che non hanno capienza per la detrazione.

2. Una nuova regola per istituire una tassa

È chiamato incentivo quello che, di fatto, è una tassa vera e propria: ci riferiamo ai 200 milioni destinati agli edifici pubblici.

La pressione fiscale, già elevata, dovrebbe consentire allo stato di investire con i propri mezzi per ridurre il consumo energetico dei suoi edifici, tanto più se la diagnosi ne dimostra la convenienza economica. La Comunità Europea si aspetta, infatti, che gli edifici pubblici abbiano un ruolo esemplare nel confronto dei privati. Qui si fa esattamente l’opposto.

3. Troppa burocrazia aumenta i costi

Il decreto è complesso. Ci aspettavamo chiarimenti dal G.S.E. La prima bozza delle “regole” (emessa l’11.03.13 per commenti e di recente pubblicata) è un documento di 131 pagine che aggiunge altre complicazioni, aumentando il costo della pratica, in aggiunta ai costi degli enti già coinvolti (G.S.E., ENEA, AEEG).

4. Risorse sottratte ai consumi

L’addizionale sul prezzo del gas, necessaria per costituire il fondo incentivante, sottrae risorse ai consumi già depressi, alimentando la spirale recessiva già in atto.

5. Gli incentivi sono utili?

Non condivido la gioia di alcuni per questi incentivi, considerati un regalo dello stato. Di fatto, ci sono prelevati forzosamente dei soldi per regalarli a qualcuno, previo giudizio e regole fissate da qualcun altro.

Non ci servono regali pagati da noi stessi. Ci basta l’accesso al credito. Se l’intervento è efficace sotto il profilo dei costi, può essere eseguito senza costi reali e senza regali solo apparenti.

CHE COSA OCCORRE ALLORA?

A. Il “fondo di rotazione” e i suoi vantaggi

Quello che avremmo voluto è un fondo di rotazione funzionante, nella sua forma ideale, circa nel seguente modo.

1. Diagnosi energetica a risultato garantito ad opera di un tecnico abilitato che individui le possibilità di risparmio e le opere caratterizzate da un tempo di ritorno dell’investimento compreso, per esempio, entro le seguenti fasce:

  • a) tempo di ritorno inferiore a 3 anni;
  • b) tempo di ritorno compreso fra 3 e 5 anni;
  • c) tempo di ritorno compreso fra 5 e 10 anni.

2. Domanda al G.S.E., che verifica i requisiti di qualità della diagnosi energetica, il tipo di intervento ed i suoi costi e che, se del caso, dichiari ammissibile la domanda. Per la massima efficacia dell’operazione e per ridurre l’esposizione finanziaria delle banche, si potrebbe iniziare dagli interventi con tempi di ritorno inferiori ai 3 anni (ce ne sono molti).

3. Il sistema bancario, previa convenzione con il G.S.E., finanzia l’intervento al 100% con un piano di rientro che preveda un numero di annualità pari alla durata del tempo di rientro. La rata annuale dovrebbe prevedere il rimborso del capitale e dei relativi interessi.

Questa forma è ideale perché genera solo vantaggi:

  • a) il professionista, che assiste il richiedente, verifica, sulla base dei consumi, se sussistono le condizioni per una rilevante riduzione degli stessi. In tal caso e su incarico del richiedente, istruisce la pratica per la richiesta del prestito, dimostrando con la diagnosi energetica i tempi di ritorno e l’efficacia sotto il profilo dei costi. Per questo compito, con assunzione di responsabilità, è compensato dal richiedente (il relativo costo dovrebbe essere ammissibile al finanziamento quale parte del costo dell’intervento);
  • b) l’ente delegato riceve la pratica, esegue i necessari controlli e, se l’esito è favorevole, la inserisce nella graduatoria. I costi di queste verifiche saranno compensati e spalmati sulle pratiche pro-quota, in proporzione al loro valore;
  • c) la banca eroga al beneficiario i fondi necessari per l’esecuzione delle opere in conformità a un contratto che, tenuto conto dei risparmi annui individuati dalla diagnosi, fissa le rate annue di rientro, comprensive dei relativi oneri finanziari e di gestione;
  • d) il beneficiario fa eseguire le opere e, dalla stagione successiva, inizia a risparmiare (il risparmio va accantonato perché nella prima fase sarà utilizzato per il rimborso del prestito);
  • e) nella prima fase (tempo di ritorno dell’investimento) l’operazione avrà creato lavoro e redditi: per la banca, per il professionista, per gli operatori che avranno eseguito le opere edili ed impiantistiche, per il fisco (ai redditi, ed ai consumi di materiali edili ed impiantistici, sono ovviamente associate le relative imposte). Nella fase successiva, una volta rimborsato il prestito, gli ingenti risparmi per minore consumo di combustibile, saranno completamente disponibili per i consumi di beni utili o per il risparmio individuale, entrambi necessari per la ripresa dell’economia.

Se si considera che i primi in graduatoria saranno gli edifici di maggiore dimensione, con tempi di ritorno anche di un anno o poco più, si possono comprendere gli enormi vantaggi che ne deriverebbero, per il lavoro e per una rapida ripresa economica.

Questo modo di finanziamento è stato adottato, a livello regionale, dalle Regioni Lombardia e Piemonte.

La Regione Lombardia ha emanato la L.R. 39/2004 ma, a distanza di oltre 8 anni, non ha dato seguito, inspiegabilmente, a queste disposizioni.

In Regione Piemonte invece, il bando per la concessione di contributi in conto interessi di cui alla L.R. 7 ottobre 2002, n. 23 e successive modificazioni ed integrazioni, dopo una timida partenza, è stato bloccato dal sistema bancario che, in seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione, non ha rispettato il principio della “solidarietà” del condominio, non si è sentito sufficientemente garantito.

Sollecitata anche da associazioni di categoria interessate, è adesso in corso una trattativa della Regione Piemonte con il sistema bancario, tendente a superare il problema con l’istituzione di un congruo fondo di garanzia.

Ovviamente il fondo non può essere di importo troppo elevato perché si snaturerebbe il ruolo della banca. Si dovrebbe, ragionevolmente, limitare ad una percentuale dell’investimento, pari o di poco superiore alla percentuale di insolvenze presenti nel condominio, nota alle associazioni di categoria.

Appare evidente la differenza fra i normali operatori dell’edilizia (professionisti, imprese, ecc.) che per lavorare sono costretti ad assumersi i relativi rischi e le Banche, che hanno privilegi del tutto speciali.

B. Proposta alternativa costituita da un fondo di garanzia

Seguendo l’esempio della Regione Piemonte, potrebbe essere costituito, a spese dei consumatori, un fondo di garanzia pari ad una frazione dei prestiti erogati, che tranquillizzi questi operatori privilegiati.

C. Ulteriore proposta alternativa - Finanziamento tramite il conto termico

Viste la difficoltà ad attuare la proposta tramite banche, tale da far pensare che questi operatori abbiano modi migliori e più redditizi per impiegare il proprio denaro, rispetto al finanziamento delle opere di risparmio energetico nel settore privato, abbiamo formulato la proposta alternativa (vedi Progetto 2000 n. 41, pag. 5), quella della costituzione di un fondo rotativo tramite l’imposizione di un’accisa sul prezzo del gas di due centesimi per metro cubo per alcuni anni, per racimolare circa 900 milioni di €/anno e finanziare in tal modo le opere in un notevole numero di edifici.

Si tratterebbe di un prestito a carico dei consumatori da destinare agli stessi consumatori, per interventi di risparmio energetico efficaci sotto il profilo dei costi.

Questa proposta non utilizza il ruolo delle banche (per il loro scarso interesse), che è sostituito da quello dei consumatori (di gas).

Rispetto alle soluzioni A e B questa proposta presenta il difetto di cui al punto 4 precedente, ma non quelli elencati agli altri punti.

IL CONFRONTO

E’ chiaro che le proposte alternative A, B, e C, sono più convenienti per il paese (se pure in ordine decrescente) rispetto al Conto Termico di cui al Decreto 28.12.12 ed allo sgravio fiscale del 55% (o, addirittura, 65%). Perché quindi si adottano solo le misure meno efficaci e meno convenienti (per i cittadini e per il paese)?

Non serve la risposta. Ormai l’abbiamo capito da soli. L’ordine di scuderia è chiaro: si faccia un po’ di fumo, purché il fatturato della vendita dei combustibili non diminuisca in modo sensibile.

Abbiamo capito però, che la gravità della crisi che ci attanaglia ha dei responsabili: sono anche coloro che, fra altri misfatti, hanno varato un decreto di questo genere, in luogo delle misure proposte, chiaramente più idonee per affrontarla.

 

Pubblicato il: 30/06/2013
Autore: F. Soma