L’attestato di prestazione energetica: un disastro ampiamente annunciato

L’attestato di prestazione energetica: un disastro ampiamente annunciato

I suggerimenti sono stati abbondanti e pressoché unanimi, ma una politica ottusa, arrogante e poco rispettosa delle esigenze dei cittadini li ha caparbiamente ignorati.

La situazione

Il Convegno CTI svoltosi il 12.12.2013 presso il “parlamentino” del MISE per fare il punto sullo stato della Certificazione Energetica in Italia, si è concluso con un po’ di “amaro in bocca” perché è emerso chiaramente che l’attestato di prestazione energetica è spesso fornito all’utente a prezzi talmente bassi, da escludere che possa trattarsi di un’attestazione affidabile.

Tutti hanno concordato sull’esigenza dei controlli ma, anche su questo punto, è emerso un certo scetticismo sulla legittimità e sulla possibilità di eseguirli, per una serie di motivi.

Nei colloqui a latere, persone affidabili e bene informate, descrivevano una situazione incredibile secondo cui molte migliaia di certificazioni erano evidentemente errate perché, per esempio, riportavano valori di EP (prestazione energetica) dell’ordine delle diverse migliaia, denotando in tal modo di non conoscere nemmeno l’ordine di grandezza del parametro che certificavano.

Se si aggiungono a quanto sopra le diverse modalità di calcolo e di classificazione della prestazione energetica adottate da alcune regioni, si capisce come l’utente non abbia alcuna possibilità di valutare e confrontare le prestazioni energetiche di diversi edifici, come era negli scopi della Direttiva Europea.

Nel corso del convegno dell’8 maggio 2014 sugli obiettivi della riforma dei Lavori Pubblici, l’Onorevole E. Realacci, Presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera, definiva con forza, “inaccettabile” la Certificazione Energetica degli Edifici ed “intollerabile” la modalità con cui veniva prodotta.

A prescindere, tuttavia, dalle autorevoli conferme sopra citate, è ormai diffusa ed unanime la totale sfiducia nell'utilità dell’Attestato di Prestazione Energetica così come prodotto in Italia, a partire dagli utenti, che lo acquisiscono solo per obbligo di legge; e questo spiega perché i prezzi sono caduti così in basso: il contenuto non importa, purché costi il meno possibile. E alcuni operatori (non meritano di essere chiamati professionisti) lo producono anche a soli 25 euro per appartamento. A chi si chiede come facciano a vivere, occorre ricordare che 25 euro x 50 appartamenti al giorno producono un fatturato di 1.250 euro al giorno.

Nonostante un quadro così sconfortante tutto continua come se nulla fosse. In particolare in Lombardia: una macchina ben organizzata ed efficiente, produce una quantità enorme di certificazioni (1.200.443 al 22.11.2013) senza possibilità di discriminare quelle corrette da quelle totalmente inaffidabili.

Le Conseguenze

Le conseguenze sono a nostro avviso particolarmente gravi. Un siffatto attestato di prestazione energetica non è solo inutile ma dannoso, per i seguenti motivi:

  1. non svolge il compito per cui è stato istituito perché non consente all’utente di confrontare la prestazione energetica e non contiene la diagnosi energetica, necessaria per individuare le opere necessarie per migliorare la prestazione;
  2. costituisce comunque un adempimento ed un costo, modesto, ma troppo elevato se è il corrispettivo di un danno;
  3. altera gli equilibri del mercato immobiliare attraverso classi energetiche non affidabili, non confrontabili e spesso non veritiere;
  4. la sfiducia degli utenti nelle classi energetiche attestate non costituisce per i costruttori un incentivo alla costruzione di edifici a basso consumo (il maggior costo non è riconosciuto o è riconosciuto solo parzialmente).

Qualcuno sostiene che, in particolare in Lombardia, l’attestazione della prestazione energetica abbia soprattutto una funzione sociale perché dà lavoro a migliaia di operatori: certificatori (o attestatori?), docenti nelle centinaia di corsi di abilitazione e gestori del servizio. Saremmo senz’altro d’accordo se l’attestazione raggiungesse i suoi scopi, ma in questo caso produce solo danni.

Gli estremi si toccano: in Sicilia si pagano molti forestali e in Lombardia si dà lavoro a molti “attestatori della prestazione energetica”, ovviamente sempre a carico dei cittadini. Il risultato è un’Italia allo stremo, perché non è più in grado di sopportare costi inutili.

La funzione sociale è senza dubbio importante, ma i costi dovrebbero essere controbilanciati da funzioni utili al cittadino, quali: assistenza agli anziani, cura dei bambini per consentire alle mamme di lavorare, o altre funzioni che i politici dovrebbero, per loro natura, conoscere.

Una situazione così grave non può che essere il risultato di errori altrettanto gravi. Può quindi essere utile analizzare la genesi della situazione che si è venuta a creare per individuare gli errori commessi, quale primo passo per la sua normalizzazione.

La genesi del disastro

1991 - Legge 09.01.1991, n. 10

L’art. 30 prevedeva che entro 90 giorni fossero emanate norme per la certificazione energetica degli edifici. Queste norme non sono mai state emanate, per cui non è stato possibile sapere quali fossero i contenuti della certificazione energetica degli edifici prevista dall’art. 30.

Solo il CTI ritenendo che, in previsione dell’attuazione di tale articolo, occorressero norme tecniche per il calcolo della prestazione energetica degli edifici, ha subito istituito un gruppo di lavoro che le ha prodotte in tempi abbastanza brevi.

Tali norme, costituite inizialmente dalla UNI EN 832 e dalla UNI 10348, sono state poi integrate dalla Raccomandazione CTI 3/03 e presentate pubblicamente il 26.11.2003, consentendo in tal modo il calcolo della prestazione energetica degli edifici.

Il perfezionamento delle norme di calcolo è proseguito con l’emanazione delle UNI-TS 11300 nel 2008, che collegavano al quadro di calcolo nazionale ulteriori elementi ripresi dalle corrispondenti norme EN.

1997 - Decreto Legislativo 31.03.1998, n. 112

Il D.Lgs. 112, in attuazione della Legge 15.03.1997, n. 59 (Legge Bassanini), con l’art. 30, comma 1, attribuisce alle regioni le funzioni amministrative in tema di energia e con il comma 2 i compiti previsti dall’art. 30 della legge 9 gennaio 1991, n. 10(1).

NOTA (1): Si tratta, se non altro, di un’imprudenza. Non essendo noti i contenuti, con quali elementi il legislatore ha ritenuto di poter attribuire alle regioni questi compiti? Quali specificità regionali ha supposto?

2001 - Legge Costituzionale 18.10.2001, n. 3

La Legge Costituzionale 18.10.2001, n. 3, ha modificato il capo V della Costituzione, sostituendo l’art. 117 con un nuovo testo che precisa le materie su cui lo stato ha legislazione esclusiva e quelle, invece, in cui la legislazione è concorrente.

E’ interessante notare, per le considerazioni che faremo più avanti, che, fra le materie di competenza esclusiva dello stato sono citate:
r)  pesi, misure e determinazione del tempo...
s)  tutela dell’ambiente, dell’ecosistema...

Fra quelle di legislazione concorrente, l’unico riferimento all’energia è:
- produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.
Ma precisa: “spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.”

Direttiva 2002/91/CE

La Direttiva 2002/91/CE istituisce, fra l’altro, la certificazione energetica degli edifici, definendone scopi e contenuti.

In particolare, l’art. 7, comma 2, recita:

“L’attestato di certificazione energetica comprende dati di riferimento, quali i valori vigenti a norma di legge e i valori di riferimento, che consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell’edificio. L’attestato è corredato di raccomandazioni per il miglioramento del consumo energetico in termini di costi-benefici ...”

Non è difficile rendersi conto che non si tratta più dell’ipotetica certificazione energetica di cui all’art. 30 della Legge 10/1991 che il legislatore aveva ritenuto, non si sa su quali basi, materia di legislazione concorrente (l’art. 30 della Legge 10/1991 è stato poi abrogato dall’art. 16, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 192/2005).

Qui si tratta di metrologia, di una misura della prestazione energetica, chiaramente riferibile alla citata lettera r) dell’art. 117 della Costituzione, riservato alla legislazione esclusiva dello stato.

E' importante ricordare che la Direttiva 2002/91/CE che istituisce la certificazione energetica, ha lo scopo di tutelare l’ambiente (riduzione delle emissioni di CO2). La materia oggetto di questa Direttiva, ricade quindi sotto la citata lettera s) che prevede competenza e legislazione esclusiva dello stato.

L’art. 10 - Esperti indipendenti, recita inoltre:

“Gli Stati membri si assicurano che la certificazione degli edifici e l’elaborazione delle raccomandazioni che la corredano nonché l’ispezione delle caldaie vengano effettuate in maniera indipendente da esperti qualificati e/o riconosciuti, qualora operino come imprenditori individuali o impiegati di enti pubblici o di organismi privati.”

La figura che meglio risponde alle caratteristiche di indipendenza, esperienza e qualificazione suggerite dalla Direttiva è quella del libero professionista competente per materia, iscritto nel relativo albo professionale, che ha il compito di vigilare e garantire sull’etica professionale e sulla formazione dei propri iscritti.

Il professionista così riconosciuto deve avere la piena autonomia e la piena responsabilità dei dati calcolati e certificati, con tutte le conseguenze connesse, in caso di errori o di false dichiarazioni.

2005 - Decreto Legislativo 19.08.2005, n. 192

Il D.Lgs. 192/2005, recepisce la Direttiva 2002/91/CE, che istituisce la Certificazione Energetica degli edifici definendone scopo e contenuti, abrogando, coerentemente, come già detto, l’art. 30 della legge 10/91.

Se sono vere le considerazioni sopra esposte a proposito della Direttiva, deve ritenersi un errore fondamentale, origine di tutti i successivi problemi, l’art. 17 - Clausola di cedevolezza, del D.Lgs. 192/2005.

Secondo quest’articolo, le norme di recepimento della Direttiva contenute nel D.Lgs. 192/2005 valgono, in ossequio all’art. 117 della Costituzione, per le regioni che non hanno ancora provveduto al recepimento della Direttiva stessa, diversamente, si applicano le norme regionali.

Poiché le valutazioni citate sono quelle di un tecnico, e non di un giurista, è possibile che contengano qualche vizio. Visti, però i risultati cui hanno condotto le valutazioni dei giuristi, vale la pena di aggiungere qualche considerazione di buon senso.

A parte la differente valutazione dei contenuti dell’art. 117 della Costituzione, c’è da chiedersi quale utilità abbia visto il legislatore nel redigere la “clausola di cedevolezza”.

Quali sono le “specificità” regionali della certificazione energetica? Se il suo scopo è la “misura” della prestazione energetica mediante un calcolo rigorosamente codificato ed una classificazione che renda immediata la percezione di questa misura da parte dell’utente qualunque persona ragionevole non può che sentire l’esigenza opposta.

I metodi di calcolo devono essere rigorosamente unificati, su base nazionale e, possibilmente, europea e la classificazione della prestazione deve essere unica.

Solo in questo modo si può rispondere alle prescrizioni della direttiva di consentire “ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico degli edifici.”

Poiché, tuttavia, la “clausola di cedevolezza” non obbliga le Regioni a recepire autonomamente la direttiva, c’è da chiedersi quale utilità abbiano visto i governatori delle regioni che hanno prontamente utilizzato tale articolo.

Per quanti sforzi si facciano è ben difficile individuarne anche solo una che sia utile ai cittadini. Ma questa sembra essere stata l’ultima preoccupazione di queste Regioni.

La risposta che ci è stata data più spesso è “la legge ci dà questo potere e noi lo utilizziamo”.

Sul n. 40 di Progetto 2000 avevamo già fatto una classificazione delle varie Regioni in base al loro comportamento nella gestione di questo potere.

A titolo esemplificativo esaminiamo il comportamento della Regione Lombardia che, a nostro avviso, più di altre, ha saputo aggiungere al “peccato originale” (costituito dall’art. 17 del D.Lgs 192/2005) una serie di errori veramente esemplari per spiegare l’insuccesso della certificazione energetica.

L’operato della Regione Lombardia

La Regione Lombardia non ha avuto il minimo dubbio sul proprio ruolo e nemmeno sull’utilità o opportunità di un proprio recepimento della Direttiva. Ha evidentemente individuato le “specificità regionali” che lo rendevano necessario.

12.10.2006 - Presentazione Pubblica della Proposta Di Certificazione Energetica della Regione Lombardia

F. Soma, che partecipò alla presentazione in rappresentanza della Federazione dei Collegi Lombardi dei Periti Industriali, espresse un giudizio molto negativo, in particolare, ma non solo, per l’evidente non conformità della metodologia con la normativa europea prodotta sotto mandato, proprio allo scopo di armonizzare nei vari paesi l’applicazione della direttiva sulla certificazione energetica degli edifici.

Si riteneva inoltre inaccettabile l’obbligo, e non la facoltà, di utilizzare tale metodo, oltre che non conforme alla normativa, anche denso di errori e imprecisioni, perché queste imposizioni erano in netto contrasto con le leggi del mercato e con quelle della libera professione.

Il punto di vista della Federazione, pienamente coincidente con la posizione a suo tempo espressa ufficialmente e congiuntamente dal Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a sua volta allineato con le regole applicative della normativa europea riassunte dalla delegazione italiana UNI-CTI al CEN TC 228, venne esposto all’assessore Buscemi dal Presidente Sergio Colombo, accompagnato da F. Soma, nel corso della visita del 17.11.06. L’assessore espresse la sua totale condivisione, invitandoli a riferire tale punto di vista, anche ai suoi collaboratori, coordinati dal dott. Mauro Fasano.

Dal 21.12.06 al 17.04.07 - Riunioni Fra i Rappresentanti della Federazione e Quelli della Regione Lombardia

A differenza di quelli con l’Assessore, gli incontri con il dott. Fasano e con i suoi collaboratori hanno richiesto laboriose discussioni perché le nostre posizioni non erano del tutto condivise.

Tuttavia, nei confronti tutto sommato costruttivi avvenuti il 21.12.06, il 19.01.07, il 19.02.07, il 04.04.07 presso la Regione Lombardia e il 17.04.07, presso il Collegio dei Periti di Milano, è stato dimostrato che le nostre tesi, in linea con le “linee guida nazionali” in elaborazione presso il Ministero dello Sviluppo Economico, costituivano la via obbligata per un’applicazione corretta della Direttiva, ottenendo anche la condivisione del dott. Fasano.

Deliberazione della Giunta Regionale 26.06.2007 N. 8/5018

E’ stata pertanto sconcertante la pubblicazione della deliberazione della Giunta Regionale 26.06.2007 N. 8/5018, che riportava la situazione, per quanto concerne i principi fondamentali, all’ottobre 2006, senza la minima considerazione per la posizione ufficiale dei Consigli Nazionali dei Periti Industriali e degli Ingegneri, da noi illustrata ed infine condivisa in seguito ai numerosi incontri sopra citati.

Le giustificazioni sono state:

  1. “ragioni politiche”, non meglio specificate. Ma quali ragioni politiche possono giustificare un comportamento contrario alla Direttiva 2002/91/CE, alla normativa tecnica europea e nazionale, agli interessi della collettività ed alle più elementari regole del mercato dei servizi?
  2. “le linee guida nazionali procedono troppo lentamente; noi non possiamo aspettare oltre.”
    Forse la lentezza era dovuta ad una più accurata valutazione dei vari aspetti, che è sicuramente mancata nella delibera della Regione Lombardia, visti i risultati. Nè si comprendono le ragioni di tanta premura, se non quella di fare i “primi della classe” senza avere i requisiti per esserlo.

26.11.2007 - Parere “Pro Veritate” del Responsabile della Delegazione Italiana al CEN TC 228

Contro ogni evidenza, la Regione Lombardia sosteneva che il proprio metodo di calcolo era perfettamente conforme alla normativa europea ed alle norme UNI-TS in via di emanazione da parte del Comitato Termotecnico Italiano. Anche in seguito a questa affermazione, poco rispettosa dell’evidenza, la Federazione dei Collegi Lombardi ha ritenuto di richiedere un parere “pro veritate” al capo della delegazione Italiana al TC 288 ing. Laurent Socal nella sua qualità di massimo esperto italiano della normativa europea del settore.

La risposta dell’ing. Socal del 26.11.2007, sconfessava ampiamente le affermazioni della Regione Lombardia individuando errori gravissimi, fra cui il metodo non conforme alla normativa europea e addirittura il software obbligatorio non conforme al metodo riportato dalla stessa delibera, oltre ad errori di calcolo fino al 59%.

Per spirito costruttivo e di collaborazione, il Presidente Sergio Colombo non ha voluto rendere noto il contenuto di questo parere nel corso del Convegno tenutosi a Milano il 28.11.2007 (al quale hanno presenziato l’assessore ed il dott. Fasano), portandolo a conoscenza solo della Regione in modo discreto, nei giorni successivi.

Ci si aspettava una presa di coscienza più immediata, vista la gravità della situazione; invece la situazione si è trascinata fino al 22.01.2008, data della riunione in cui le affermazioni della Federazione (sostenute dall’ing. Socal) sono state messe a confronto con quelle del prof. Mazzarella, di alcuni rappresentanti del CNR e di funzionari della regione. Nel corso del confronto, non proprio edificante, è stata promessa la correzione dei principali errori.

Alle promesse non sono però seguiti i fatti per cui i mesi successivi sono stati caratterizzati da una grande quantità di proteste da parte di molte categorie.

21.02.2008 - Raccomandata Edilclima a Regione Lombardia

La Edilclima S.r.l., produttrice di software per la progettazione, la diagnosi e la certificazione energetica degli edifici, costantemente aggiornato alla normativa europea da anni in evoluzione, dopo la pubblicazione della Deliberazione N. 8/5018 è stata destinataria di centinaia di telefonate di protesta dei propri clienti, che chiedevano di fare in modo che il software Edilclima fosse utilizzabile ai fini della certificazione energetica in Lombardia.

La Edilclima contava infatti, oltre 2.000 clienti in Lombardia, già esperti nell’uso del programma EC 500, evolutosi nel corso di oltre quindici anni sulla base dell’esperienza e delle segnalazioni dei clienti e quindi flessibile ed adattabile ad una grande varietà di situazioni, veloce e preciso in quanto validato sul campo con centinaia di migliaia di diagnosi.

I clienti si chiedevano e chiedevano alla Edilclima, quale fosse la logica secondo cui erano costretti ad utilizzare un software banale, difficilmente adattabile alle situazioni correnti, instabile, lento e che generava risultati imprecisi, a seconda delle situazioni, fino al 40, 80 o addirittura 100%, quando erano in possesso di un software preciso, stabile, veloce e utilizzabile per tutte le loro esigenze: progettazione, diagnosi energetica e certificazione.

In seguito alle richieste sempre più pressanti della clientela la Edilclima è stata costretta ad adeguarsi alla suddetta assurda situazione, mediante compilazione del file xml, messo a disposizione della Regione, che è stata intransigente nel richiedere l’elaborazione con il proprio software.

Va segnalata anche la concorrenza sleale operata con la distribuzione del programma CENED, realizzato con denaro pubblico, nei confronti delle software houses, quale la Edilclima S.r.l., che da anni investono ingenti risorse per fornire ai propri clienti programmi veramente professionali.

Edilclima ha tuttavia indirizzato una lettera raccomandata A.R. all’assessore Massimo Buscemi ed al dirigente Mauro Fasano con la quale riassumeva i passi che avevano portato alla situazione descritta e proponeva una soluzione in grado di ripristinare la normalità con soddisfazione di tutti gli operatori.

La lettera non ha avuto alcuna risposta e tutto è continuato come prima ed anche peggio, a giudicare dalle proteste delle categorie interessate, evidenziando l’arroganza, l’ottusità e l’insensibilità di questi “poteri”.

Estratto delle proposte contenute nella lettera raccomandata di Edilclima S.r.l. all’assessore Massimo Buscemi e al dirigente Mauro Fasano.

...omissis ...

La Regione dovrebbe sostituire il proprio “metodo di calcolo” con quello proposto dalla normativa europea prodotta sotto mandato, come interpretata dall’UNI-CTI con la Raccomandazione CTI 3/03, sostituendo tale documento con le norme UNI-TS 11300, Parti 1, 2, 3 e 4, appena queste saranno pubblicate (le nuove norme costituiscono solo un perfezionamento della raccomandazione, salvo per alcuni particolari importanti, che potrebbero essere anticipati, e definiscono correttamente l’impatto delle energie alternative sulla certificazione energetica).

I calcoli dovranno poter essere eseguiti con l’uso di qualsiasi software commerciale posseduto dall’operatore, a fronte di una dichiarazione del produttore che certifichi la loro rispondenza alla normativa europea, come interpretata dall’UNI-CTI (la Regione potrebbe riservarsi ogni forma di verifica di tali dichiarazioni).

Il software CENED gratuito, per i pochi operatori che sono ancora sprovvisti di un software professionale, più rapido ed affidabile, potrebbe essere consentito, previa correzione degli errori e verifica di conformità alle norme.

La classificazione energetica degli edifici dovrebbe essere, su tutto il territorio nazionale, quella europea, come interpretata nelle emanande linee guida ministeriali, per consentire un confronto delle prestazioni energetiche e per fornire in concreto importanti informazioni sulla possibilità di miglioramento della prestazione (una classificazione rapida, basata sui consumi effettivi potrà essere effettuata dagli stessi utenti attraverso un file che potrebbe essere messo a disposizione dalla Regione Lombardia, come già fatto dalla Edilclima S.r.l. sul proprio sito).

Queste semplici modifiche, in sintonia con le proposte a suo tempo formulate dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dal Consiglio Nazionale dei Periti Industriali, nonché dalla Federazione dei Collegi dei Periti Industriali Lombardi, sono in grado di ripristinare le regole del mercato, di ridurre i costi ai cittadini, di stimolare l’iniziativa degli utenti e di incentivare la professionalità dei certificatori attribuendo correttamente le responsabilità. Eventuali leggerezze nell’esecuzione dei rilievi o nel trattamento dei dati saranno addebitabili esclusivamente agli operatori che le avranno commesse. La prestazione energetica garantita, controllabile dall’utente, costituirà la garanzia della bontà ed utilità della certificazione.  ... omissis ...

I Certificatori in Lombardia

La certificazione energetica, oggi definita “Attestato di Prestazione Energetica” per non attribuire al documento un significato diverso da quello che gli è proprio, è una prestazione professionale che prevede:

  1. un rilievo dell’edificio e dei suoi impianti termici da parte di un professionista esperto in termotecnica ed impiantistica;
  2. l’elaborazione dei dati rilevati secondo una metodologia rigorosamente unificata e validata per ricavare il dato di prestazione energetica dell’edificio, espresso in kWh/a e classificato secondo una scala, anch’essa unificata, che consenta all’utente che non ha dimestichezza con i numeri, di individuare, anche visivamente, la prestazione energetica dell’edificio.

Abbiamo, ed avevamo già espresso, il parere secondo cui la figura che meglio risponde alle prescrizioni della Direttiva è quella del professionista iscritto al proprio albo professionale, competente per materia in base alla legislazione vigente.

Questo non bastava, però, ad assecondare le manie di grandezza della Regione Lombardia la quale ha ammesso all’accreditamento molte categorie professionali non competenti in materia, “rese competenti” attraverso un corso di circa 70 ore.

Si è trattato di un altro errore gravissimo, che non ha prodotto però danni solo in Lombardia ma, come vedremo, è stato all’origine di altri problemi.

Non è chiaro se sia più ingenuità o più mala fede: com’è possibile pensare che si possa trasformare un operatore destinato ad altre professioni, in un esperto in termotecnica con un corso di 72 ore? Come si può pensare che un tale individuo possa individuare gli aspetti termici degli edifici e di efficienza degli impianti?

I risultati parlano chiaro: il business dei corsi è stato, ed è tuttora fiorente, mentre l’affidabilità dell’attestato è assolutamente incerta.

Si ricorda che la Direttiva 2002/91/CE chiede che la “certificazione energetica” sia affidata a degli “esperti”, cioè a chi ha già esperienza (ovvero ha già fatto…) e non solo formazione in materia.

D.Lgs. 30.05.2008, n. 115

Si tratta del recepimento della Direttiva 2006/32/CE. L’allegato III al decreto è importante, perchè:

  1. al comma 1 indica le norme UNI TS 11300, che interpretano la normativa europea, quali norme da utilizzare per il calcolo della prestazione energetica;
  2. Il comma 2.2. definisce così il soggetto abilitato alla certificazione energetica:

“Si definisce tecnico abilitato un tecnico operante sia in veste di dipendente di enti ed organismi pubblici o di società di servizi pubbliche o private (comprese le società di ingegneria) che di professionista libero od associato, iscritto ai relativi ordini e collegi professionali, ed abilitato all’esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici ed impianti, asserviti agli edifici stessi, nell’ambito delle competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente. Il tecnico abilitato opera quindi all’interno delle proprie competenze. Ove il tecnico non sia competente nei campi sopra citati (o nel caso che alcuni di essi esulino dal proprio ambito di competenza), egli deve operare in collaborazione con altro tecnico abilitato in modo che il gruppo costituito copra tutti gli ambiti professionali su cui è richiesta la competenza.”

Si tratta di una definizione irreprensibile, salvo chiarire che la progettazione di edifici ed impianti è quella degli aspetti termotecnici e non di quelli strutturali o architettonici.

Il problema è che il comma continua, confermando gli errori già segnalati:

“Ai soli fini della certificazione energetica, sono tecnici abilitati anche i soggetti in possesso di titoli di studio tecnico scientifici, individuati in ambito territoriale da regioni e province autonome, e abilitati dalle predette amministrazioni a seguito di specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici con superamento di esami finali. I predetti corsi ed esami sono svolti direttamente da regioni e province autonome o autorizzati dalle stesse amministrazioni.”

Questa frase costituisce chiaramente una sanatoria agli errori commessi dalla Regione Lombardia, che aveva già accreditato migliaia di personaggi che non erano in possesso dei requisiti previsti dalla definizione sopra riportata.

Questo però non è stato compreso, né dalle altre regioni, né dal legislatore che, con l’emanazione del D.P.R. 16 aprile 2013 n. 75 ha istituzionalizzato gli errori della Regione Lombardia, né dai Consigli Nazionali dei Periti e degli Ingegneri che, anziché contestare con forza la regola sbagliata di accreditare i non competenti si sono adoperati per inserire anche le proprie frange di specializzazioni non competenti, nell’intento, non condivisibile, di difendere gli interessi dei propri iscritti.

Convegno MI 23.11.2009

L’entrata in vigore, il 26.10.2009 della nuova procedura di calcolo e del nuovo software CENED+, mal funzionante e per niente professionale, ha generato una nuova ondata di difficoltà e di proteste degli operatori interessati, che sono state illustrate nel corso del Convegno, a conclusione del quale diverse associazioni, fra cui ANTA, ANACI, ASSISTAL, ASSOEDILIZIA, CIR, CNPI, Consulta Regionale Lombarda dell’Ordine degli Architetti, Consiglio Nazionale degli Architetti, Federazione dei Collegi dei Periti Industriali della Lombardia, Collegio Agenti d’Affari in mediazione della Provincia di Milano, hanno indirizzato una Raccomandata A.R. al Presidente Roberto Formigoni ed all’Assessore Massimo Buscemi chiedendo di sospendere l’applicazione del Decreto n. 5796 del 11.06.09 e del relativo software CENED+ e di istituire un tavolo tecnico con le categorie interessate per individuare le modifiche da apportare all’attuale disciplina in materia, per allinearle alla legislazione nazionale e comunitaria.

Naturalmente nulla è successo; la sperimentazione del software sulle spalle degli utenti è continuata, incurante dei disagi e dei problemi segnalati.

E’ quindi subentrata una sorta di scoraggiamento, alimentato anche da una non sufficiente convinzione all’interno del Collegio dei Periti di Milano. Ricordiamo la frase di un collega: “Che ci importa se la Regione Lombardia fa tante stupidaggini? (termine ingentilito). Intanto io lavoro ed incasso.

Va osservato che la venalità e la poca professionalità dimostrata da alcuni non ha ripagato, danneggiando l’intera categoria.

Ultimi Confronti Eseguiti dall’ing. Socal per la Federazione dei Collegi dei Periti Industriali Lombardi

Al fine di valutare gli effetti della serie di errori sopra segnalata riportiamo i risultati degli ultimi confronti.

I confronti sono stati eseguiti con particolare cura da un tecnico esperto utilizzando diverse versioni del software CENED, che i certificatori hanno dovuto obbligatoriamente utilizzare; l’appartamento è sempre lo stesso: appartamento intermedio in edificio condominiale, superficie utile calpestabile 90 m2, volume lordo riscaldato 360 m3, rapporto S/V 0,27 m-1 (vedi figura).

Ogni commento è inutile. Si tratta forse di quei dati “che consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell’edificio?”

 

P2046 FS piantina

I cittadini e il mercato immobiliare sono certamente danneggiati da un simile stato di cose, ma non tutti. I costruttori che hanno visto migliorare la classe energetica dei loro edifici con il nuovo calcolo hanno aumentato i prezzi; anche la Regione ne ha tratto vantaggio, affermando nei convegni che “grazie all’opera di sensibilizzazione svolta dalla Regione Lombardia, nell’ultimo anno gli edifici in classe A sono aumentati del 40%”.

La necessità dei controlli

Quanto sopra illustrato consente di capire anche lo scetticismo sulla possibilità di attuare una campagna di controlli finalizzata alla normalizzazione della situazione.

Se verificassimo con la normativa di riferimento la certificazione dell’appartamento utilizzato per i confronti, quali provvedimenti dovremmo prendere nei confronti del certificatore che nel giugno 2007 ha commesso un errore di quasi il100%?

Nessun provvedimento, perché il certificatore non ha commesso alcun errore: ha rilevato l’edificio con grande cura ed ha utilizzato la metodologia ed il software imposto dalla Regione Lombardia. Se un errore del 100% non si può perdonare, il provvedimento va preso nei confronti della Regione Lombardia, che ha gravato i cittadini di costi ed impegni non indifferenti, senza contropartite utili, alterando il mercato immobiliare con dati assolutamente inaffidabili.

Conclusioni

Nessun rimedio quindi al “disastro”? L’attestato di prestazione energetica è quindi inutile o dannoso?

NO, l’attestato di prestazione energetica è certamente utile ed i rimedi esistono. L’analisi degli errori commessi è stata eseguita proprio allo scopo di individuarli ed eliminarli.

E l’analisi mostra che gli errori erano stati ampiamente segnalati da più parti. Ma un potere ottuso ed arrogante con sindrome di onnipotenza, non ne ha voluto tenere conto. Ora, possiamo riassumerli a grandi linee.

Sembra chiaro tuttavia che occorre la volontà politica di correggerli, che è finora mancata. In altri termini, la politica può continuare come ha fatto finora, ben sapendo che è sua la responsabilità del disastro, oppure riconoscere gli errori del passato e porvi rimedio, a vantaggio di tutte le categorie interessate.

Qualche regione, per esempio il Piemonte, sembra orientata in questo senso. L’orientamento non basta però, occorre il concorso di più poteri, coscienti dei cambiamenti occorrenti, affinché si provveda come segue:

  1. abrogare l’art. 17 del D.Lgs. 192/2005;
  2. ribadire senza incertezze, correggendo tutti i provvedimenti che lo richiedono, che il metodo di calcolo deve essere rigorosamente quello europeo, come interpretato, recepito ed aggiornato dall’UNI-CTI su tutto il territorio nazionale e come già richiesto dalla legge 90/2013;
  3. il software di calcolo deve essere scelto dal professionista fra quelli conformi alla normativa suddetta, verificati e validati dal CTI, come prescritto dalla legislazione vigente;
  4. abrogare il D.P.R. 16.04.2013 n. 75 che, frutto di un equivoco, istituzionalizza il riconoscimento di tecnici incompetenti ed inesperti nel settore specifico;
  5. riconoscere per il futuro, quali soggetti abilitati a rilasciare l’attestato di prestazione energetica, i professionisti competenti per materia secondo la legislazione vigente, iscritti nei relativi albi professionali (vedi art 2.2. dell’allegato III al D.Lgs. 115/2008) i quali opereranno con assunzione di responsabilità sulla correttezza e veridicità dei dati dichiarati, a pena di severe sanzioni.
    Per quanto riguarda gli operatori già riconosciuti senza avere i requisiti sopra indicati, potranno continuare ad operare in virtù di una sanatoria ad hoc, purché assoggettati alla responsabilità professionale sulla qualità della prestazione. Questa misura sarà in grado di discriminare gli operatori capaci, che non avranno nulla da temere, da quelli che non conoscono la materia, e che si asterranno dal rilasciare attestati per timore delle sanzioni;
  6. l’attestato dovrà contenere una diagnosi di elevata qualità, che illustri le opere efficaci sotto il profilo dei costi in grado di ridurre significativamente il consumo energetico dell’edificio, con una specifica dei costi e benefici, nonché dei tempi di ritorno dell’investimento. Questo darà significato all’art. 18, comma 3, del D.Lgs. 115/2008, attualmente privo di senso.
    La stessa Direttiva 2002/91/CE e successivamente la Direttiva 2010/31/UE indicano le “raccomandazioni” come un elemento essenziale del certificato energetico, al pari della prestazione energetica.
    Nel caso di appartamento in edificio condominiale, la diagnosi dovrà riferirsi anche all’intero edificio;
  7. eseguire controlli a campione, o su segnalazione, per un numero molto limitato di casi e stabilire ed applicare severe sanzioni in caso di attestazioni imprecise o non veritiere, pubblicizzando i provvedimenti adottati e segnalandoli ai collegi o ordini professionali;
  8. l’attestato di prestazione energetica dei nuovi edifici dovrà essere posto a carico dei progettisti degli aspetti energetici, senza costi aggiuntivi rispetto a quello della progettazione. Si tratta in definitiva solo di assumersi la responsabilità del lavoro eseguito;
  9. utilizzare il meccanismo della “firma energetica”, riferita all’edificio attuale ed a quello post interventi, quale base per eventuali controlli.

L’elencazione dei provvedimenti necessari è solo sintetica, ma contiene gli elementi utili per riportare la situazione alla normalità. L’applicazione pratica degli stessi richiede una serie di correzioni di diversi provvedimenti legislativi.

Si tratta tuttavia di un’operazione tutto considerato abbastanza semplice ed in grado di generare una grande quantità di benefici, per i cittadini, per i professionisti ed in genere per gli utenti che desiderano ridurre senza costi reali le spese di riscaldamento. 

Pubblicato il: 30/06/2014
Autore: L. Socal, F. Soma